sabato 23 febbraio 2013

Lo spirituale nell'arte


La parola è un suono interiore..Il significato dell’oggetto si svuota, rivelando il puro suono della parola. L’anima prova un’emozione senza oggetto, che è ancora più complessa del suono stesso. (…)

Ogni linguaggio ha un suo repertorio specifico che lo  definisce e ne permette il funzionamento, ma ogni linguaggio ha un altro riferimento e diventa arte, sia essa visiva, musicale o altro nel momento in cui incontra l’anima di chi lo usa e diventa strumento per donarsi all’anima di chi ne fruisce. Colore e forma sono mezzi espressivi comuni con i quali far vibrare le corde emotive .(…)

E’ bello ciò che nasce dalla necessità interiore. E’ bello ciò che è interiormente bello.
La bellezza di un colore o di una forma non è nella sua estetica, ma perché provoca una emozione  e ogni emozione arricchisce l’anima. Se l’artista è il sacerdote della bellezza, la bellezza deve ispirarsi al principio del valore interiore. L’unica misura della bellezza è la grandezza e la necessità interiore.
W Kandinsky Lo spirituale nell’arte.

Modulare la vita : da che parte si comincia? Dalle favole, dai sogni sicuramente.

Molto facciamo con le parole, la parola racchiude in se stessa un mondo, quando parliamo utilizziamo le parole pensando in modo casuale, come se esse fossero dei semplici tramiti del pensiero e non un qualcosa di magico che costruisce la complessità della vita.
Parole e realtà: da bambini il potere delle parole ci era profondamente chiaro: costruivamo magie con le parole magiche: aprivano porte, facevano uscire il mago dalla lampada di aladino e potevano ammaliare il principe o il re.
Il padre nostro o qualsiasi litania AVEVA IL POTERE di allontanare il male e benedire il bene, poi la parola è divenuta un qualcosa di definito per convenzione, in cui il significato ne creava la natura e la connotava in modo specifico, per legge.

Come possiamo credere che le parole siano definibili solo in relazione al loro significato e non relativamente all’esercizio delle sensazioni, del sentire, quali veicoli profondi del se dimenticato. Possono costruire realtà non visibili, evocare suoni, odori, situazioni e magie. Ognuno di noi combina le parole secondo uno schema che costruisce e decostruisce continuamente alla ricerca di una chiarezza di immagine.
Pensare per immagini è la modalità che mi si addice: quando penso e colloco nell’aria le parole esse si compongono come su un pentagramma davanti a me e il loro ritmo, il profumo si  situa là dove finisce il mio pensiero, puro incontro tra due mezzi espressivi, l’uno interiore il senso, l’altro esterno l’altro e la parola quale mediatore tra i due mondi, che costruisce un terzo mondo, con regole binarie, mai sazio di se stesso.
Potrei continuare così a tessere parole in arazzi splendenti, con profumi colorati e fuochi vividi, potrei evocare l’amore, la passione, l’odio funesto e qualsiasi espressione diversa da questa o l’assoluto contrario di essa e sempre ho una parola nascosta nel profondo dell’anima, una parola per l’ira, una per la gioia, di più per la tristezza o per l’amore.
A nulla vale profondersi in complessi e monotoni sciorinamenti di parole costruite secondo una legge meccanica o grammaticale. Occorre separarsi dalla visione della parola imbiancata, uscire dai meandri del ben detto.
Ogni parola ha un ritmo interiore, una profonda identità che sola definisce la sua portanza e prestanza.
Sì le parole sfuggono alla legge, non perché ribelli in se stesse, ma perché hanno una legge interiore comprensibile solo ai poeti e ai santi, oltrechè ai bambini che riflettono per parole e ancora NON CONOSCONO le regole dei grandi.
Un percorso che porti alla riscoperta della parola quale veicolo del senso e dei sensi e permetta di costruire altri percorsi di indagine su di sé o ci guida alla scoperta di noi stessi, di quella parte di noi che fatichiamo a chiamare sé, ma che dentro di noi si costruisce pian piano secondo schemi ripetuti.

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